“Dare la propria vita”. XXIX domenica del tempo ordinario, anno B

“Dare la propria vita” (Mc 10,45)

È cambiato tanto in questi ultimi mesi nelle nostre comunità… Per alcuni parrocchiani, tuttavia, non sembra essere cambiato nulla. Alla pausa è seguita una ripresa della vita comunitaria in uno stile molto simile a quello che si aveva prima della pandemia. Non sembrano cambiate le dinamiche di alcuni gruppi preoccupati solo di non perdere le tradizioni o di fare qualcosa per rendere vivaci gli ambienti parrocchiali. Non sembra maturata una maggiore sensibilità allo stare insieme gratuito o all’attenzione a chi rimane indietro, a una fede disponibile a lasciarsi interrogare, a una preghiera più sincera e corale. Sorge una domanda: i membri della comunità, chi stanno servendo? Se stessi o gli altri? Il Signore o quelle proposte “infarinate del suo nome” che finora sembravano dare un senso allo stare insieme?

«Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti» (Mc 10,43). Quanto vissuto negli ultimi mesi ci stimola a questa novità di vita chiesta dal Signore Gesù. Abbiamo in questo tempo l’occasione di ritrovare il senso del nostro essere comunità. Essa è il luogo del servizio, non dei servizi che personalmente riteniamo importanti ma di quelli necessari, in un atteggiamento che metta al centro non noi stessi ma gli altri con i loro bisogni concreti e che ci coinvolga in prima persona non come distributori di servizio ma persone che condividono la vita del fratello, che fanno le stesse cose che fa lui, le fanno con lui. «Anche il Figlio dell’uomo infatti è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45) ossia per prendere su di sé la vita dell’umanità, delle persone concrete del mondo, in uno stile di profonda comunione e condivisione.

Vivere in comunità non è facile. Capita che qualcuno si “indigni” (cf. Mc 10,41) degli altri, del loro modo di fare, di come si rapportano o fanno le cose. Capita di farsi le scarpe gli uni gli altri o perché non si sopporta che l’altro abbia quel ruolo o perché sembra che abbia potere e ne abbia più di noi. Fare un passo indietro e mettersi a fianco degli altri è la strada migliore da percorrere per essere sempre di più la comunità dei discepoli del Signore, imparando da lui a “prendere parte alle debolezze dell’altro” (Eb 4,15) e insieme alla persona più fragile o data per scontata o lasciata da parte, mantenere “ferma la professione di fede” (Eb 4,14).

– don Silvano, Casa Sant’Andrea