“La donna lasciò la sua anfora” (Gv 4,28).
Terminata la lettura del Vangelo di questa domenica potrebbe rimanere l’impressione che i conti non tornano. Una donna va in solitaria al pozzo per prendere acqua ma, dopo un dialogo prolungato con Gesù non si preoccupa più di questo impegno e corre in città senza la sua anfora, entusiasta del suo incontro. Gesù si ferma al pozzo assetato ma, seppure ne abbia la possibilità, non beve. Infine, i discepoli chiedono a Gesù di mangiare qualcosa ma, seppure sia mezzogiorno, egli non mangia, mostrandosi disinteressato al loro cibo. Sia Gesù che la donna, non hanno più sete e Gesù non ha neppure fame, come se avessero già bevuto e mangiato. E probabilmente è proprio così. Gesù e la donna di Samaria hanno bevuto qualcosa che li ha dissetati più dell’acqua e mangiato un cibo migliore del pane. La donna ha scoperto “una sorgente di acqua viva”: ha incontrato Gesù, il suo sguardo di amore che risana le ferite del cuore, il compimento dell’antica attesa del Messia. Gesù ha incontrato quella donna per cui si era fermato al pozzo: era lei che cercava e ora l’ha trovata. Questa era l’opera che aveva da compiere: “Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera” (Gv 4,34). Capita anche a noi di dimenticarci di mangiare e bere e, se guardiamo bene, succede quando qualcosa ci prende dentro, paure e fatiche, oppure entusiasmi, passioni che ci coinvolgono. Chissà quand’é stata l’ultima volta che ci siamo dimenticati di andare a pranzo perché presi da qualcosa di particolarmente bello e coinvolgente?! Chissà quand’è stata l’ultima volta che la preghiera o il servizio per il Signore ci hanno presi sino a tal punto da dimenticarci di noi stessi e metterci del tutto a suo servizio. Come Gesù e la donna di Samaria, anche noi abbiamo una sete che supera la sete di acqua e una fame che va oltre quella del cibo. Questa sete e questa fame sono coinvolgenti e capaci di farci dimenticare l’anfora che portiamo appresso o il cibo che abbiamo dinanzi.
Fame, sete e tanti altri desideri fanno parte di noi. Ma ci sono desideri e desideri: alcuni sfumano via se arriviamo alla scoperta di altri più profondi e radicali. Gesù desiderava e pure la donna di Samaria desiderava: entrambi, però, hanno scavato dentro la loro sete e la loro fame e hanno scoperto altri desideri più profondi. Gesù ci ha consegnato il desiderio che sta dentro e sotto a tutti gli altri: “fare la volontà di colui che lo ha mandato e compiere la sua opera”. Questo è anche il nostro desiderio: è nascosto dentro ad altri desideri, dentro alla nostra persona, dentro al nostro intimo, ma c’è. Come l’uomo Gesù e come la donna che incontra al pozzo possiamo anche noi affrontare il duro ma appassionante lavoro dello scavo dei desideri, del considerarli con calma cercando di ascoltare da dove nascono, dove trovano origine, dove conducono, sino a scoprire che è Dio alla radice di ogni desiderare umano, che c’è una parentela profonda tra noi e lui. Stare al pozzo e sostare in dialogo con il Signore, seppure faccia caldo e abbiamo tanti altri impegni, è necessario per comprendere che cosa ci smuove e che cosa sarebbe meglio ci smuovesse, cos’è il meglio per cui vale la pena darsi da fare. Con Gesù, al pozzo dei desideri, abbiamo l’opportunità di entrare nell’intimità con il Padre e di scoprirlo, come confessa sant’Agostino, “intimior intimo meo”, “più intimo a me di me stesso” (Confessioni, III,6,11), senza lasciare che rimanga intrappolato e confuso nel miscuglio e nel groviglio del nostro desiderare e dei nostri desideri.
“Fermati un poco, lascia questa agitazione e questo correre senza senso che riempie l’anima dell’amarezza di sentire che non si arriva mai da nessuna parte. Fermati, lascia questo obbligo di vivere in modo accelerato, che disperde, divide e finisce per distruggere il tempo della famiglia, il tempo dell’amicizia, il tempo dei figli, il tempo dei nonni, il tempo della gratuità… il tempo di Dio. Fermati un poco davanti alla necessità di apparire ed essere visto da tutti, di stare continuamente “in vetrina”, che fa dimenticare il valore dell’intimità e del raccoglimento” (Francesco, Omelia, 14.02.2018). Queste parole del nostro papa, ritrovate durante una lettura nei giorni scorsi, credo possano esserci d’aiuto per intraprendere con fiducia il duro lavoro dello scavo dei desideri. La sosta è obbligata in questi giorni di emergenza sanitaria, ma non è detto che sia una sosta anche spirituale: non basta stare fermi in casa per vivere l’interiorità e il silenzio. C’è bisogno di una concreta volontà che ci porti al pozzo con la nostra anfora, pronti ad incontrare Gesù Risorto e accettare il dialogo schietto e diretto con lui che desidera portarci in profondità ad assaporare l’acqua viva.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea