“Quanto più il sangue di Cristo” (Eb 9,14)
Non servono particolari indagini sociologiche per dire che negli ultimi mesi ci si ritrova meno numerosi alla Messa domenicale: in particolare ci sono meno famiglie e meno giovani di poco più di un anno fa. Sembra immediato motivare questa situazione con il passaggio della pandemia di Covid ma uno sguardo più attento ci fa accorgere che oltre al sano desiderio di preservare se stessi e gli altri dal contagio anche altre sono le cause di questo calo. Già prima della pandemia ci eravamo accorti del diminuire della partecipazione. Forse, allora, è più corretto dire che la pandemia ha velocizzato un processo che era già in atto, addirittura ha smascherato più velocemente la tiepidezza spirituale nonché un certo atteggiamento individualista di vivere la fede e la preghiera.
Abbiamo affrontato questa crisi sanitaria cercando di osservare le norme sociali utili a custodire la nostra salute e quella delle persone care e molti hanno coltivato ulteriormente la vita spirituale con la preghiera personale e in famiglia e facendosi attenti alle necessità degli altri. Altri, tuttavia, hanno fatto propri alcuni tratti di uno stile di autosufficienza e individualismo, trovando valide motivazioni anche per il proprio allontanamento dalla fede e dalla celebrazione comunitaria del Signore. Il dubbio che al Signore interessino davvero le sorti dell’umanità, che lui abbia a cuore fattivamente i suoi figli, ha portato molti a tralasciare di fare riferimento al Signore, chi assecondando un senso di fatalità – le cose vanno come devono andare! – e chi mettendo ulteriormente al centro se stesso, le proprie forze, i propri bisogni, le proprie possibilità. In sostanza, sembra si sia fatta strada una più forte autonomia da Dio, “dal Dio” annunciato dalla Chiesa, frutto della presa di coscienza che con il Signore o senza di lui la vita è comunque uguale, precaria, fragile e che non c’è niente su cui fare affidamento se non su se stessi.
La festa di oggi viene ad annunciare la disponibilità di Dio verso di noi ma anche la necessità della sua presenza nella nostra vita. La Scrittura ci fa comprendere che la vita non è frutto di una casualità né delle nostre capacità, ossia che non è l’alleanza con noi stessi a realizzare noi e gli altri ma un’alleanza offerta da un altro noi, meglio, da un Altro, da Dio. Possiamo guardare con fiducia al domani sicuramente perché accanto a noi ci sono tante persone valide e buone e perché noi molte volte siamo quelle stesse persone per altri ma soprattutto, innanzitutto, perché Dio si è fatto avanti con noi, alleandosi con l’umanità per portarla al compimento. Noi pretendiamo di fare da soli, di non aver bisogno degli altri, se non di qualcuno da noi scelto ed eletto, quasi pensando di non avere bisogno di alcuna alleanza con l’umanità e con Dio per realizzare al meglio la vita. il Signore, invece, come ci annuncia il Vangelo ci dona di comprendere che lui ha fatto un’alleanza nuova e gratuita, senza voler nulla in cambio: ha versato il suo sangue come segno dell’amore fedele del Padre per noi, bagnando ogni vita – di ieri, di oggi e di domani – anche la nostra, e donandole l’eternità e che possiamo fare affidamento sempre su questo suo dono.
Dinanzi a questa notizia, i nostri fatalismi e le nostre pretese di autosufficienza possono lasciare il posto alla fiducia nel Signore e alla comunità e smuoverci verso l’Eucaristia domenicale per ripetere, come un innamorato fa con il suo amore, il nostro grazie al Signore e unirci più intimamente a lui. Nel pane e nel vino avvolti dallo Spirito Santo è presente colui che non attende il nostro amore per amarci, colui che ci ha amato per primo una volta per tutte, facendo un’alleanza con noi che niente e nessuno potranno mai rompere.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea