Sacrificio e offerta non gradisci, non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa.
Allora ho detto: “Ecco, io vengo”. (Sl 40, 7-8)
Sacrificio e offerta erano i doni preziosi che venivano portati al Tempio, erano le preghiere più alte dell’ebreo osservante… che salito a Gerusalemme portava agnelli, colombe, denaro,… segni del suo amore e rispetto verso Dio, segni frutto di una lunga tradizione prescritta nella Torah. Eppure il salmista si accorge bene che Dio non gradisce queste cose: piuttosto, al Signore, è possibile donare se stessi. Allora dice: “Io vengo!”. È come se dicesse: “Signore, non ti mando dei sacrifici, delle offerte, delle cose… ma io vengo, io mi avvicino a te, ti consegno me stesso, la mia vita”. Carico di fiducia, libero dinanzi al Signore… non teme di andare lui innanzi al Signore e di lasciarsi coinvolgere in una profonda relazione con lui, di mettere nelle sue mani la propria vita.
Non è immediato vivere con il Signore e con gli altri un rapporto che sia libero dalle cose e dalle ritualità. Spesso confondiamo l’amore con il dare delle cose, dimenticandoci che è anzitutto donare sé stessi, la propria vita, il proprio tempo, le proprie energie, la propria tenerezza,… Non è un salto da poco: è un autentico passaggio di maturità umana e spirituale che chiede di avvicinare le distanze, di non rimanere estranei alle persone e a Dio, di evitare la tiepida abitudine, in una parola di dare fiducia.
Un amore così è quello stesso di Gesù e Giovanni il Battista oggi ce lo indica esplicitamente. Vedendo venire Gesù, Giovanni dice: “Ecco l’agnello di Dio!”. La parola “agnello” dentro la vita di Giovanni e della folla che lo ascoltava, rimandava a qualcosa di ben preciso: l’agnello era l’animale docile, mite, tenero… usato nella cena pasquale come celebrazione di Dio che aveva liberato Israele dalla schiavitù d’Egitto; l’agnello poi era il sacrifico che i sacerdoti offrivano al Tempio. Rivolgendosi a Gesù e dicendo “Ecco l’agnello di Dio”, Giovanni porta una novità grande dentro la folla, da una sterzata forte a tutte le tradizioni. Dice chiaramente che Gesù è il Figlio di Dio che con la vita ripete le parole del Salmo appena pregato: non sacrifici, non offerte, non olocausti… ma “io vengo”! Gesù ha portato una straordinaria novità: le antiche tradizioni che affidavano a un’offerta la preghiera possono ora essere lasciate da parte. Egli è colui che viene offrendo se stesso, non delle cose, egli è colui che viene insegnando a noi un nuovo modo di rapportarsi con Dio, più semplice, più immediato… colui che ci insegna a donare noi stessi come preghiera.
Dentro alla vita di ogni giorno sono tante le occasioni in cui questa Parola può diventare viva: tutta la nostra vita può essere trasformata dal cambio di rotta di chi tenta di offrire non le proprie cose ma se stesso, di chi cerca di amare prendendosi la libertà di consegnare se stesso. È possibile vivere l’amore come relazione in cui ci mettiamo in gioco in prima persona, in cui ci lasciamo coinvolgere dall’amore vero, relazioni in cui quel “io vengo” del salmo diventa un atteggiamento nostro: più che mandare avanti dei regali, dei soldi, delle maschere, più che mandare avanti gli altri… possiamo farci avanti noi, andare noi verso l’altro, noi verso il Signore!
– don Silvano, Casa Sant’Andrea