«Va’, profetizza» – Quindicesima domenica del tempo ordinario, anno B

«Va’, profetizza» (Am 7,15).

Non sempre riusciamo a portare avanti le nostre convinzioni, a dire il nostro parere, a condividere le nostre opinioni: è così dentro all’ambiente di lavoro o in altri ambiti pubblici, ma anche in comunità e addirittura in famiglia. Talvolta pensiamo di non farcela, altre temiamo le ripercussioni degli altri e così finiamo per spegnere la nostra vita interiore e per non portare il nostro contributo alla vita comune. Lo stesso Vangelo talvolta viene mortificato dalle nostre paure o tiepidezze come pure dalla forza degli altri che si impongono col loro pensiero. Non così è stato l’atteggiamento del profeta Amos di fronte ai potenti. Consapevole della chiamata del Signore egli ha profetizzato con coraggio, chiedendo giustizia e pace, fede nell’unico Dio di Israele. Pur consapevole della sua piccolezza, delle sue umili origini ha vissuto la sua grande dignità di profeta con coraggio, senza temere la morte.

Questo coraggio è oggi chiesto a tutti noi per annunciare la vita buona del Vangelo, per annunciare il Signore e il suo Regno. La vita cristiana ci chiama a coltivare la preghiera, i Sacramenti, l’ascolto della Parola di Dio ma anche ad annunciare la novità del Signore e lo stile di vita che viene da lui. Oggi egli ci affida proprio un mandato, quasi a dire che annunciare il Vangelo è parte integrante del nostro essere credenti: non è un compito solo dei vescovi, dei preti, dei consacrati, dei missionari ma di ogni cristiano. Come ai dodici, così a noi, Gesù chiede di andare per le strade del mondo a parlare di lui, della sua vicinanza, a chiedere la conversione dal male, dall’ingiustizia. Tuttavia non vuole che siano anzitutto le parole al centro del nostro annuncio, ma la vita. Ecco perché Gesù manda i suoi apostoli a due a due, portando con sé soltanto un bastone. L’andare a due a due è un invito forte ad essere persone che sanno camminare insieme, che cercano di volersi bene, di andare d’accordo e che vivendo così già annunciano il suo amore. A che servirebbe avere in bocca la parola Gesù, se poi non si è capaci di amare gli altri, i più vicini, la moglie, il marito, i figli, il confratello, i paesani? Lascia poi un bastone, il Signore: sarà utile per difendersi dai briganti, dalle bestie, ma anche per aggrapparsi nella fatica del cammino, per sorreggersi lungo la strada. C’è poi un altro particolare, al riguardo, che credo non debba sfuggirci. La meta degli apostoli che partono a due a due non è una piazza, una strada o la sede dei potenti ma la casa delle persone. Gesù vuole che la sua buona notizia arrivi nelle case, dentro alle famiglie, dentro alla vita intima delle persone, che lì dove si cresce sia presente la sua parola liberante. Questo invito è anche per noi: la parola di Dio oggi ci chiama a vivere il nostro essere profeti, ad essere apostoli veri e poveri ma anzitutto a partire da casa nostra, tra i nostri famigliari, quelli che, magari, hanno smesso da tempo di fare riferimento al Signore o di vivere l’esperienza comunitaria. Si tratta di rimettere Gesù al centro della propria famiglia, di lasciare a lui la Parola, di farlo diventare punto di riferimento per vivere insieme, per educare i figli, per aprirsi agli altri e al mondo, per vivere la vita della Chiesa.

Ogni Messa si conclude con un invito preciso che fa da eco a quanto oggi il Signore ci ha detto: “Andate!”. Dopo averci raccolti attorno a sé il Signore ci manda come gli apostoli a testimoniare quanto vissuto, dopo esserci stretti tra noi e attorno a lui egli ci invia a due a due nel mondo. È come se vivessimo la stessa dinamica del cuore, che nel suo battere vive i due movimenti della sistole e diastole, uno stringersi e un allargarsi, un raccogliersi e un aprirsi sprigionando il sangue per tutto il corpo. Accogliamo questo mandato, allora, riconoscendo che è vitale, necessario per la fede, parte integrante del credere. Abbiamo bisogno di celebrare e pregare il Signore, di stringerci attorno a lui per credere ma forti del suo amore siamo poi chiamati anche ad accogliere il suo mandato e a partire per annunciarlo con fortezza, coraggio e povertà di cuore, senza temere gli uomini, ma piuttosto avendo a cuore la parola di Dio. A partire dalle nostre case.

– don Silvano, Casa Sant’Andrea