«Ascolta» (Dt 4,1).
Se pensiamo alla nostra quotidianità o alla vita che abbiamo dinanzi, avvertiamo nel profondo del cuore un bisogno di orientamento e direzione a cui non sempre riusciamo a dare risposta da soli. Superata la timidezza o la presunzione di non avere bisogno di nessuno ci diventa utile confrontarci con gli altri, fare tesoro del loro punto di vista e della loro esperienza per poi tradurre in modo autonomo per noi quanto compreso e così affrontare la vita quotidiana e prendere decisioni per il futuro. Fra queste persone autorevoli sappiamo esserci il Signore: la sua, però, non è una voce tra tante, una parola fra le altre. Egli è l’alleato fedele di Israele e nostro e ha una Parola capace di illuminare il cammino e di accompagnare alla terra promessa, quella terra che se per Israele era un territorio ben preciso, per noi è la vita piena, buona ed eterna, un oggi e un domani vissuti in comunione con Dio e i fratelli. Nel silenzio della preghiera, della lettura della Bibbia, del confronto tra le nostre intuizioni e il suo insegnamento poco alla volta il cammino si apre.
La fermezza delle parole dette da Mosé al popolo potrebbero farci fraintendere che la volontà di Dio sia qualcosa di precostituito e da subire. Una lettura più calma della Storia della Salvezza e della vita nostra ci fa comprendere, invece, che sebbene la Parola di Dio sia eterna e sempre vera, Dio ce la consegna un po’ alla volta, camminando passo passo con noi, valorizzando le nostre intuizioni, i nostri desideri più sani, la nostra esperienza e maturità. Non c’è da temere alcun concorrente in Dio: egli è l’alleato fedele e misericordioso che desidera consegnarci il suo tesoro per aprirci alla vita piena, carica di “sapienza e intelligenza”. Egli non teme i nostri dubbi, le nostre domande, i nostri confronti anche duri con lui per la fatica di capirlo: piuttosto ha la pazienza di chi fa strada in nostra compagnia e ci aiuta a conoscere e scegliere il bene possibile. D’altra parte, però, noi non possiamo scoprire il valore della Parola di Dio se non la consideriamo, la approfondiamo, la proviamo sul campo: la parola di Dio è un’esperienza che accade in tanti modi e occasioni. “Accogliete con docilità la Parola” (Gc 1,21) ci scrive San Giacomo, ossia “siate di quelli che mettono in pratica la Parola” (Gc 1,22) ma questa prospettiva domanda un cuore libero dalla presunzione, un cuore umile e povero che non basta a se stesso e si riconosce bisognoso di Dio, consapevole che lui non è un pericolo o un ostacolo alla vita.
Se ascolteremo il Signore, i popoli, ci annuncia Mosé, diranno di noi: «Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente» (Dt 4,6). Il nostro “accogliere” e “mettere in pratica” la Parola ci aprirà a un futuro di bene ma soprattutto porterà gloria a Dio, aggregando altri attorno alla sua Parola: vivere la Parola – a partire dal cuore e non dalla pratica esteriore – farà del bene al mondo, farà nascere degli interrogativi in chi ci incontra, affascinerà i cuori sinceri e disponibili al mistero, aprirà gli occhi del mondo alla fede. Ma osserviamo con umiltà quanti incontriamo noi e la nostra comunità: ci ritengono “saggi e intelligenti” secondo il cuore di Dio? Li sentiamo andare via da noi ponendosi domande cariche di stupore sulla vita e sul Signore della vita? Osserviamo i comandamenti del Signore e compiamo ogni opera buona. Osserviamo la parola di Dio e sentiamoci interpellati a offrire una buona testimonianza di vita capace di mettere in cammino di fede chi ci incontra. Ogni gesto, però, anche quello compiuto nel segreto e silenzio della casa e dell’intimità, sia compiuto nella verità di un cuore povero che cerca la comunione con Dio, colui che può offrire una direzione affidabile alla nostra esistenza.
– don Silvano, Casa Sant’Andrea