LA COMUNITA’ CRISTIANA: CAMPO E GREMBO DELLA PASTORALE VOCAZIONALE.
1) VOCAZIONE: ASPETTI TEOLOGICI.
E’ opportuno richiamare alcuni elementi di teologia della vocazione. Il tema della vocazione costituisce, nella Bibbia, una delle esperienze fondamentali di incontro tra Dio e l’uomo. Questi si riconosce proprio nella sua identità di chiamato da Dio. Quando il Signore chiama, dà un nome e rivela uno stretto rapporto tra nome e persona. Il Signore chiama sempre per affidare un compito e una missione ben precisi.
Nell’Antico Testamento, dopo l’esperienza dell’esilio, il tema della chiamata viene riferito all’intero popolo di Israele. Esiste, quindi, una chiamata del singolo e una chiamata del popolo. La chiamata del popolo viene espressa in termini sponsali. Questa immagine fonda l’idea della gratuità e della creatività della vocazione. Il racconto dell’Esodo mostra che Dio trasforma un “non popolo” in popolo, facendolo “suo” popolo. La vocazione apre un futuro per il popolo e per i singoli, come accadde per Abramo e Sara, e fino a Giovanni Battista e a Gesù.
I Vangeli raccontano la chiamata dei primi discepoli e poi dei dodici: è una chiamata che domanda sequela e non discernimento, per cui non lascia spazio al dubbio nella risposta. Tutte le vocazioni del Nuovo Testamento si irrobustiscono passando attraverso la prova della Pasqua. Questo significa che la storia dei chiamati si comprende come storia della loro fede. La sequela vocazionale è luogo di fede. Il rifiuto del discernimento vocazionale può portare al rifiuto globale della fede, come fa comprendere la vicenda del giovane ricco, la cui chiamata esige, in modo esplicito, una sequela immediata e radicale (cfr. Mc 10,17-22).
Nella Sacra Scrittura, oltre alla vocazione insita nella stessa persona umana a riconoscere Dio e a costituire la nostra relazione personale con Dio, sono delineati due generi di vocazioni: la vocazione alla fede e la vocazione al ministero e alla sequela radicale di Cristo. La vocazione alla fede si realizza nel riconoscere, nell’accogliere e nel seguire Cristo, conformando tutta la propria vita a lui. È vocazione che domanda il discepolato, comune a tutti i battezzati. La vocazione al ministero e alla sequela radicale di Cristo si esplicita nel fatto che, all’interno del suo popolo, Dio chiama alcuni a un compito particolare: al ministero e alla missione. Nell’Antico Testamento questa è la vocazione dei profeti. Nei racconti biblici si vede chiaramente che i profeti autentici non hanno fatto la loro scelta per inclinazione personale, ma perché chiamati da Dio. In alcuni casi hanno provato difficoltà e opposto resistenza ad accettare tale vocazione. Nel Nuovo Testamento Gesù sceglie tra i discepoli i dodici Apostoli con una vocazione particolare (cfr. Mc 3, 13ss). Questi chiamati lasciano tutto per seguire Gesù e “stare con lui” e prepararsi alla missione. Il ministero ordinato (vescovi, presbiteri, diaconi) è la continuazione di questa chiamata per la missione e suppone una vocazione specifica in seno al popolo di Dio.
In questo genere, anche se distinta, si colloca la vocazione alla sequela radicale di Cristo, espressa nell’abbracciare la sua forma di vita: verginità per il Regno dei cieli, obbedienza e povertà.
Vocazione significa, allora, il mistero di una scelta da parte di Dio Padre di ciascuno dei suoi figli, donne e uomini, nella quale ciascuno riconosce l’invito del Signore a imprimere alla propria vita un orientamento definitivo, realizzando, così, la propria libertà.
La storia della Chiesa mostra che la vocazione individuale è legata all’ascolto attento della parola di Dio, in particolare durante la liturgia. Così è avvenuto, per esempio, per Antonio abate e per Agostino di Ippona.
Nell’opinione comune c’è una forte riduzione del termine vocazione: si tratterebbe, infatti, della prerogativa di poche persone, sicure della propria chiamata alla vita sacerdotale o religiosa. Dio, invece, chiama tutti e, all’interno della generale consapevolezza di chiamati, si delineano anche le vocazioni di speciale consacrazione. Si capisce, allora, come “tutta la pastorale, e in particolare quella giovanile, è nativamente vocazionale… perché la pastorale è, fin dagli inizi, per natura sua, orientata al discernimento vocazionale. E’ questo un servizio reso a ogni persona, affinché possa scoprire il cammino per la realizzazione di un progetto di vita come Dio vuole, secondo le necessità della Chiesa e del mondo di oggi”[1][1].
L’annuncio che il Signore chiama va fatto con gradualità, ma con decisione fin dalla preadolescenza, senza temere di cadere, per questo, in un errore di ordine educativo. Esperti di pastorale vocazionale avvertono come “sarebbe sbagliato ritenere che non abbia rilievo la cura vocazionale di questa fascia di età. In essa avvengono infatti le intuizioni vocazionali più vive e precoci. A questa età si ha la più ampia plasticità per la maturazione dei prerequisiti vocazionali (espansione della vita di relazione, amicizia, vita di gruppo, generosità, ecc.)”[2][2].
Un aiuto formidabile, nel processo di individuazione vocazionale, è dato dall’impegno gratuito dei genitori, dei catechisti e degli educatori, che operano all’interno della comunità cristiana.
E’ sempre il Signore che semina largamente i germi di vocazione di speciale consacrazione: ma il loro riconoscimento e la loro accoglienza dipende anche dall’azione pastorale della Chiesa. Le vocazioni al ministero sacerdotale e alla sequela radicale di Cristo vanno, comunque, implorate con la preghiera costante, memori delle parole del Signore Gesù: “Pregate il padrone della messe perché mandi operai alla sua messe” (cfr. Lc 10,2).
2) LA PASTORALE VOCAZIONALE: SEGNO DELL’AMORE DI DIO.
È necessario riprendere una seria e strutturata riflessione sulla pastorale vocazionale: “Le parrocchie che da troppi anni non esprimono alcuna vocazione e alcun sacerdote si interroghino seriamente su questa carenza e sterilità.”[3] L’aspetto vocazionale sia oggetto di studio, di riflessione di preghiera, da parte delle parrocchie, dei vicariati e della diocesi intera. “Portare la pastorale vocazionale nel vivo delle comunità cristiane parrocchiale, là dove la gente vive e dove i giovani in particolare sono coinvolti più o meno significativamente in un'esperienza di fede.”[4] È necessario liberarsi da quella sorta di paura e di delusione provocata dalla così detta “crisi delle vocazioni”. Il punto di partenza infatti non può essere la paura di non avere più preti o suore. La prima e fondamentale preoccupazione di ogni chiesa locale dev’essere quella di mettersi in ascolto del Signore che chiama e aiutare ogni persona a scoprire il progetto di Dio e a realizzarlo. Sarà utile ripartire da una fede fiduciosa e serena, da un ascolto più credente e credibile della Parola di Dio, da una fede che si fa preghiera affinché la Chiesa sia nel mondo ciò che Lui vuole: “Teniamo presenti le parole di Gesù: « La messe è molta e gli operai sono pochi. Pregate dunque il Padrone della messe che mandi operai nella sua messe ». Preghiamo quindi assiduamente e fervorosamente per avere il dono di Sacerdoti.”[5] È l’incontro autentico, sincero ed esaltante con il Signore Vivente che permette la risposta. Nelle dimensioni della liturgia, della comunione ecclesiale, del servizio della carità e della testimonianza del vangelo si condensa la condizione esistenziale d'ogni credente. “Ogni credente, dunque, deve vivere il comune evento della liturgia, della comunione fraterna, del servizio caritativo e dell'annuncio del vangelo, perché solo attraverso tale esperienza globale potrà identificare il suo particolare modo di vivere queste stesse dimensioni dell'essere cristiano. Di conseguenza, questi itinerari ecclesiali vanno privilegiati, rappresentano un po' la strada-maestra della pastorale vocazionale, grazie alla quale può svelarsi il mistero della vocazione di ognuno.”[6]
Una comunità cristiana infatti spiritualmente vivace[7] è il grembo fecondo dove nascono e si concretizzano le varie risposte di uomini e donne all’unica chiamata: quella di seguire Gesù, amarlo con tutta la propria vita e amare i fratelli: “Come dire: la fedeltà vocazionale d'una comunità credente è la prima e fondamentale condizione per il fiorire della vocazione nei singoli credenti, specie nei più giovani”[8]. Le vocazioni, quelle particolari al sacerdozio, alla vita consacrata e religiosa o alla consacrazione secolare nascono nella comunità cristiana concreta e sono per la vita della comunità cristiana: “Rimane sempre fondamentale e prioritaria la figura del presbitero. Per questo sollecito tutte le parrocchie ad essere più sensibili al tema della pastorale vocazionale in collaborazione con gli animatori diocesani”[9].
È importante che le comunità cristiane parrocchiali, vicariali, e la comunità diocesana riprendano la consapevolezza di essere quel grembo dove si intesse la vita di ogni uomo e donna, una vita piena di relazioni, una vita vissuta come risposta all’Amore preveniente e gratuito di Dio. La risposta di ognuno all’amore, nel matrimonio o nella radicale sequela a Cristo (consacrazione nell’ordine, religiosi, diaconi permanenti) sono i segni della premura di Dio per la Sua Chiesa assieme ai vari ministeri e carismi, compresi i catechisti, gli animatori, educatori, lettori, ministri straordinari dell’eucaristia. “Il prete non è prete per se stesso, è un servitore di Cristo, della Chiesa, del mondo. Questa è la sua altissima missione. Egli guida la Comunità cristiana nel nome e con lo stile di Gesù, presiede l’Eucaristia e celebra i Sacramenti, annuncia con l’autorità di Cristo la parola di Dio. Questo suo ministero specifico non è tuttavia l’unico nella Chiesa come Corpo di Cristo.”[10]
È necessario riprendere un cammino di riflessione circa la pastorale vocazionale, che non può e non dev’essere compito solo dei seminari diocesani o delle varie congregazioni religiose. Queste realtà hanno il compito di discernere e di aiutare a rispondere al Signore. “Anzitutto non deve isolarsi, ma svolgere il suo ministero in comunione con il Vescovo e con i confratelli presbiteri. E poi deve assumere come collaboratori i laici.
Il Concilio Vaticano II afferma in proposito: « I sacri pastori … sanno benissimo quanto i laici contribuiscano al bene di tutta la Chiesa. Sanno di non essere stati istituiti da Cristo per assumersi da soli tutto il peso della missione salvifica della Chiesa verso il mondo, ma che il loro eccelso ufficio è di pascere i fedeli e di riconoscere i loro ministeri e carismi in modo che tutti concordemente cooperino, nella loro misura, al bene comune » (LG n. 30). Dunque, se i preti devono scegliere, formare e valorizzare i laici perché siano loro validi collaboratori, così anche i laici devono rendersi disponibili ad aiutare i preti nell’esercizio della loro altissima missione.”[11]
È la comunità cristiana che ha il compito di scoprire e coltivare i germi di vocazione attraverso una profonda esperienza di fede per aiutare la risposta in coloro che il Signore chiama.
[1][1] PONTIFICIA OPERA PER LE VOCAZIONI ECCLESIASTICHE, Nuove vocazioni per una nuova Europa. Documento finale del Congresso sulle Vocazioni al Sacerdozio e alla Vita Consacrata in Europa (Roma, 5 – 10 maggio 1997) (6.I. 1998), n. 79.
[2][2] S. DE PIERI, Orientamento educativo e accompagnamento vocazionale, Leumann-Torino 2000, p. 101.
[3] Omelia del Vescovo Antonio in occasione delle ordinazioni presbiterali 07 giugno 2008.
[4] NVNE 29
[5] Omelia del Vescovo Antonio in occasione delle ordinazioni presbiterali 07 giugno 2008.
[6] NVNE 28
[7] “Ma è anche importante che vi sia una comunità ecclesiale che aiuti di fatto ogni chiamato a scoprire la propria vocazione. Il clima di fede, di preghiera, di comunione nell'amore, di maturità spirituale, di coraggio dell'annuncio, d'intensità della vita sacramentale fa della comunità credente un terreno adatto non solo allo sbocciare di vocazioni particolari, ma alla creazione d'una cultura vocazionale e d'una disponibilità nei singoli a recepire la loro personale chiamata. Quando un giovane percepisce la chiamata e decide nel suo cuore il santo viaggio per realizzarla, lì, normalmente, c'è una comunità che ha creato le premesse per questa disponibilità obbedienziale.” NVNE 19 d
[8] NVNE 19 b
[9] Discorso del vescovo Antonio all’inizio dell’Anno pastorale 06 settembre 2008.
[10] Omelia del Vescovo Antonio in occasione delle ordinazioni presbiterali 07 giugno 2008.
[11] Omelia del Vescovo Antonio in occasione delle ordinazioni presbiterali 07 giugno 2008.